
Finché non torneremo a renderci profondamente conto che quel che ci tiene in vita, quel che noi chiamiamo “vita” è identico a ciò che tiene in vita gli alberi, l’erba, i fiori, gli insetti, non libereremo noi stessi e il mondo dal fardello di sofferenza indotta dalla nostra mente.
Usiamo il verbo “tornare” a tale consapevolezza perché essa era presente a tutte le civiltà antiche. Questo finché il rapporto con la madre-terra non è stato reciso dall’iperfetazione della dimensione tecnico-concettuale. Imparando a pensare per concetti astratti abbiamo disimparato a sentire. Imparando a costruire “cose utili” per facilitarci la vita, abbiamo finito con il “cosalizzare” il mondo intero. Questa è l’esperienza “normale” – se così si può definire – di quella parte di umanità che vive immersa nell’ “artificiale”. Dunque, con “tornare” intendiamo “tornare alla conoscenza di se stessi”, a ri-scoprire il cordone ombelicale che ci unisce alla terra e al Tutto.
“Sofferenza” e “infelicità” sono stati psico-fisici diversi. Si può soffrire senza necessariamente sentirsi infelici. O piuttosto essere infelici senza patire, al momento presente, alcuna sofferenza. La sofferenza, entro certi limiti, è connaturata a qualsivoglia esperienza umana. E su di essa le nostre decisioni, la nostra consapevolezza può ben poco. Non c’è piacere senza dolore, né gioia senza tristezza, né salute senza malattia. Con l’infelicità, invece, possiamo (provare a) confrontarci. La sua radice più profonda si chiama “isolamento”, “disconnessione”. Infelicità è lo stato mentale che ci fa credere – illusoriamente – di essere separati dal Tutto reale e naturale cui apparteniamo. L’infelicità umana è un elemento essenziale dell’attuale crisi ambientale. Non la tecnologia in sé, ma l’uso disarmonico e irrispettoso che un’umanità dolente ne fa. L’isolamento genera altro isolamento, lascia “sfiorire” la natura intorno a noi, sopprime, nel sofferente, l’esigenza di “reciprocità curativa” che dovrebbe contraddistingue l’umano “pastore dell’Essere”, per usare una celebre definizione di Heidegger.
(Chico Xavier Pilado)