Pubblicato in: filosofia

Emmanuel Lévinas – Il Volto dell’Altro


Audio-lezione di filosofia per le classi quinte dei licei – Lévinas, Alterità, trascendenza, Volto dell’Altro, differenza di genere, Eros, – Presentazione in https://padlet.com/francesco_dipal/u8ev82i1hc40gav2

«Il volto si sottrae al possesso, al mio potere. Nella sua epifania, nell’espressione, il sensibile, che è ancora afferrabile, si muta in resistenza totale alla presa. Questo mutamento è possibile solo grazie all’apertura di una nuova dimensione. Infatti, la resistenza alla presa non si produce come una resistenza insormontabile, come durezza della roccia contro cui è inutile lo sforzo della mano, come lontananza di una stella nell’immensità dello spazio. L’espressione che il volto introduce nel mondo non sfida la debolezza del mio potere, ma il mio potere di potere. Il volto, ancora cosa tra le cose, apre un varco nella forma che per altro lo delimita. Il che significa concretamente: il volto mi parla e così mi invita ad una relazione che non ha misura comune con un potere che si esercita, foss’anche godimento o conoscenza. Ma è così che l’epifania dell’infinito è espressione e discorso. L’essenza originale dell’espressione e del discorso non risiede nell’informazione che fornirebbero su un mondo interno e nascosto. Nell’espressione un essere si auto-presenta. L’essere che si manifesta assi­ste alla propria manifestazione e quindi fa appello a me. Questa assisten­za non è il neutro di un’immagine, ma una sollecitazione che mi riguar­da con la sua miseria e la sua Maestà. Parlarmi significa superare in ogni istante ciò che vi è di necessariamente plastico nella manifestazione. Ma­nifestarsi come volto significa imporsi al di là della forma, manifestata e puramente fenomenica, presentarsi m un modo irriducibile alla mani­festazione, come la rettitudine stessa del faccia a faccia, senza la mediazione di nessuna immagine nella sua nudità, cioè nella sua miseria e nel­la sua fame. Nel Desiderio si confondono i movimenti che vanno verso la Maestà e l’Umiltà d’Altri. L’espressione non irradia come uno splendore che si diffonde all’in­saputa dell’essere irradiante — ciò che forse costituisce la definizione del­la bellezza. Manifestarsi assistendo alla propria manifestazione equivale ad invocare l’interlocutore e ad esporsi alla sua risposta e alla sua do­manda. L’espressione non si impone né come una rappresentazione ve­ra, né come un atto. L’essere offerto nella rappresentazione vera resta possibilità d’apparenza. L’impossibilità di uccidere non ha un significato semplicemente negativo e formale; la relazione con l’infinito o l’idea dell’infinito in noi la condiziona positivamente. L’infinito si presenta come volto nella re­sistenza etica che paralizza il mio potere e si erge dura ed assoluta dal fondo degli occhi senza difesa nella sua nudità e nella sua miseria. La comprensione di questa miseria e di questa fame instaura proprio la pros­simità dell’Altro. Il mondo che mi invade quando mi impegno in esso non può nulla contro il «libero pensiero» che sospende questo im­pegno o addirittura lo rifiuta interiormente, capace di vivere nascosto. L’essere che si esprime si impone, ma appunto facendo appello a me con la sua miseria e la sua nudità — con la sua fame — senza che io possa restare sordo al suo appello. Così, nell’espressione, l’essere che si im­pone non limita ma promuove la mia libertà, facendo nascere la mia bon­tà. L’ordine della responsabilità in cui la gravità dell’essere, nella sua ineluttabilità, spegne ogni sorriso, è anche l’ordine in cui la libertà è invocata in modo così ineluttabile che il peso irremissibile dell’essere fa nascere la mia libertà. L’ineluttabile non ha più l’inumanità del fatale, ma la serietà severa della bontà».

(E. Lévinas, Totalità e infinito, trad. it. Di S. Petrosino, Jaca Book, Milano 1980, pp. 85-86)

Autore:

Ho studiato filosofia presso l'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e mi sono laureato nel 1990, relatore il prof. Gabriele Giannantoni, con una tesi in storia della filosofia antica intitolata "Vivere significa morire: analisi di alcuni frammenti eraclitei". Sono socio della SFI - Società Filosofica Italiana di cui curo il sito web. Da alcuni anni mi interesso di Pratiche Filosofiche e Consulenza Filosofica, collaborando con riviste scientifiche del settore, sulle quali ho all'attivo decine di pubblicazioni. Dal 2004 svolgo la professione di Consulente Filosofico e ho promosso una serie di iniziative filosofiche (Caffè Philo, Dialogo Socratico, Seminari di gruppo) aperte al pubblico. Attualmente insegno filosofia e storia presso il Liceo "I. Vian" di Bracciano (Liceo Classico sezione X). Utilizzo la filosofia in pratica sia durante le lezioni ordinarie che in altre "straordinarie" occasioni (passeggiate filosofiche nel bosco, dialoghi socratici a tema, ecc.). A scuola provo a tener aperto uno "sportello" di consulenza filosofica rivolto ai grandi ed ai meno grandi.

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