Qui io voglio dunque ricordare la determinazione che in quanto precede diedi dell’elemento etico: ciò per cui un uomo diventa ciò che diventa. L’etico non vuol insomma fare dell’individuo un altro, ma quello stesso, non vuole annullare l’elemento estetico, ma spiegarlo! Affinché uno viva eticamente è necessario che prenda coscienza di sé tanto radicalmente che nessuna accidentalità gli sfuggirà. Questa concrezione l’etico non vuol cancellare, ma in essa vede il suo compito, vede ciò da cui deve formare e ciò che deve formare […]. In genere si considera l’etico del tutto astrattamente, e si ha quindi un segreto orrore per esso. L’etico viene insomma considerato come un qualcosa d’estraneo alla personalità, e non ci si sa risolvere ad abbandonarsi a esso dal momento che pur non si può essere perfettamente sicuri di ciò a cui alla lunga magari porterà. In tal modo anche molti provan timore nei riguardi della morte nutrendo oscure e confuse rappresentazioni del fatto che l’anima, nella morte, passerebbe in un altro ordine di cose, dove regnano leggi e statuti del tutto diversi da quelli che essi hanno imparato a conoscere in questo mondo. La ragione di un tal timore nei riguardi della morte è insomma l’insofferenza dell’individuo a diventare trasparente a se stesso, perché, appena che lo si voglia, ci si avvedrà facilmente di quanto sia ingiustificato dal timore. In tal modo anche con l’etico: allorquando uno teme la trasparenza, sì, colui eviterà l’etica, perché altro esso propriamente non vuole. In contrapposizione a una concezione estetica della vita che vuol godere la vita, s’ode spesso menzionare un’altra concezione della vita, una concezione che pone il significato della vita nel vivere per l’adempimento dei propri doveri. Con ciò si vuol allora denotare una concezione etica della vita. E tuttavia l’espressione è molto imperfetta, e quasi si crederebbe che sia stata creata per mettere in discredito l’elemento etico, tanto è vero che alla nostra epoca la si vede spesso impiegata in modo che quasi vien da sorridere […] L’errore è che l’individuo è posto in un rapporto esteriore con il dovere. L’etico è determinato come dovere, e il dovere, a sua volta, come una molteplicità di massime particolari; ma l’individuo e il dovere stanno reciprocamente al di fuori l’uno dell’altro. Una siffatta vita di doveri è naturalmente ben e ben sgraziata e noiosa, e qualora l’etico non avesse un legame molto più profondo con la personalità, sì, risulterebbe sempre ben e ben difficile propugnarla di fronte all’elemento estetico. Che si diano molti uomini che non vanno più in là io non voglio certo negare; ma ciò non giace nel dovere, quanto negli uomini.
(S. Kierkegaard, Enten-Eller, a cura di A. Cortese, Adelphi, Milano 1989)