
DIOGENE DI ENOANDA (II secolo d.C.), seguace di Epicuro, fece incidere una sintesi del pensiero del “filosofo del giardino” su un muro del portico di una sua proprietà prospiciente una piazza quadrata, nell’antica città di Enoanda nella Licia (attuale Turchia sud-occidentale), a beneficio delle generazioni presenti e di quelle future.
ἐν δυσμαῖς γὰρ ἤδη τοῦ βίου καθεστηκότες διὰ τὸ γῆρας καὶ ὅσον μέλλοντες ἀναλύειν ἀπὸ τοῦ ζῆν, μετὰ καλοῦ παιᾶγος ὑπὲρ τοῦ τῶν ἡδέων πληρόματος, ἠθελήσαμεν, ἵνα μὴ προλημφθῶμεν, βοηθεῖν ἤδη τοῖς εὐσυνκρίτοις. εἰ μὲν οὖν εἷς μόνον ἢ δύ’ ἢ τρεῖς ἢ τέτταρες ἢ πέντε ἢ ὅσους, ἄνθρωπε, βούλει τῶν τοσούτων εἶναι πλείονας, μὴ πάνυ δὲ πολλούς, διέκειντο κακῶς, κἂν καθ’ ἕνα καλούμενος πάντα παρ’ ἐμαυτὸν ἔπραττον εἰς συμβουλίαν τὴν ἀρίστην. ἐπεὶ δέ, ὡς προεῖπα, οἰ πλεῖστοι καθάπερ ἐν λοιμῶ τῆ περὶ τῶν πραγμάτων ψευδοδοξία νοσοῦσι κοινῶς, γείνονται δὲ καὶ πλείονες – διὰ γὰρ τὸν ἀλλήλων ζῆλον ἄλλος ἐξ ἄλλου λαμβάνει τὴν νόσον, ὡς τὰ πρόβατα – δίκαιον δ’ἔστι καὶ τοῖς μεθ’ήμᾶς ἐσουμένους βοηθῆσαι – κακεῖνοι γάρ εἰσιν ἡμέτεροι καὶ εἰ μὴ γεγόνασί πω -, πρὸς δὲ δὴ φιλάνθρωπον καὶ τοῖς παραγεινομένοις ἐπικουρεῖν ξένοις, – ὲπειδὴ οὗν εἰς πλείονας διαβέβηκε τὸ βοηθήματα τοῦ συγγράμματος ἠθέλησα τῆ στοᾶ ταὐτη καταχρησάμενος ὲν κοινῶ τὰ τῆς σωτηρίας προθεῖαι φάρμακα. ὧν δὴ φαῖμεν ἑνὶ ἐπεὶ τἂν ἡμεῖς πάντα τὰ εἴδη φανέντα. τοὺς γὰρ ματαίως κατέχοντας ἡμᾶς φόβους ὰπελυσάμεθα, τῶν τε λυπὴν τὰς μὲν γέ ὲξεκόψαμεν εἰς τέλειον, τὰς δὲ φυσικὰς εἰς μεικρὸν κομιδὴ συνεστείλαμεν, ἐλαχιστιαῖον αὐτῶν τὸ μέγεθος ποιήσαντες.
(Diogenis Oenandensis fragmenta, II)
“Essendo per l’età al tramonto della vita, pronto a prenderne congedo con un bel canto alla pienezza dei suoi piaceri, ho deciso di recare soccorso senza indugi, per non farmi sorprendere prima dalla morte, a tutti quelli che son ben disposti a riceverlo. Se dunque qualcuno – una o due, o tre, o quattro, o cinque, o sei persone, o quante tu, o uomo, vuoi che siano di più nel numero di quelli, in ogni caso non moltissimi – si trovasse in una condizione difficile, se fossi chiamato in loro aiuto, farei tutto ciò che è in mio potere per dare il mio miglior consiglio. Ma poiché, come ho detto sopra, i più sono in generale malati, come se avessero la peste, delle loro false credenze sul mondo, e lo diventano sempre più (contagiandosi per reciproca imitazione l’un l’altro come pecore) ed è inoltre giusto aiutare anche quelli che verranno dopo di noi (sono gente nostra, infatti, anche loro, ancorché non ancora nati), ed è dovere d’umanità prendersi cura anche degli stranieri che capitano tra noi – poiché dunque i benefici recati da qualcosa di scritto si estendono a parecchie persone, ho deciso di utilizzare questo muro per esporre in pubblico i rimedi ai mali [ossia gli insegnamenti di Epicuro]. Di questi appunto potrei dire in breve tutte le forme via via apparse. Noi infatti abbiamo dissolto i timori che ci dominano senza motivo; quanto ai dolori, alcuni li abbiamo davvero troncati via completamente, mentre quelli fisici li abbiamo ridotti assolutamente a ben poca cosa, avendo reso infinitesimale la loro grandezza”.