
In queste poche frasi c’è tutto. Pasolini ha visto con largo anticipo quali danni avrebbe prodotto il “neocapitalismo” nella sua versione “tecnofascista” oggi imperante, quello mascherato di “progressismo dei diritti civili”, di “politicamente corretto”, di “cultura della cancellazione della tradizione e della storia”.
I bisogni indotti dal vecchio capitalismo erano in fondo molto simili ai bisogni primari. I bisogni invece che il nuovo capitalismo può indurre sono totalmente e perfettamente inutili e artificiali. Ecco perché, attraverso essi, il nuovo capitalismo non si limiterebbe a cambiare storicamente un tipo d’uomo: ma l’umanità stessa. Va aggiunto che il consumismo può creare dei “rapporti sociali” immodificabili, sia creando, nel caso peggiore, al posto del vecchio clerico-fascismo un nuovo tecno-fascismo (che potrebbe comunque realizzarsi solo a patto di chiamarsi anti-fascismo); sia, com’è ormai più probabile, creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili. In ambedue i casi lo spazio per una reale alterità rivoluzionaria verrebbe ristretto all’utopia o al ricordo: riducendo quindi la funzione dei partiti marxisti ad una funzione socialdemocratica, sia pure, dal punto di vista storico, completamente nuova.
(dal testo dell’intervento che Pier Paolo Pasolini avrebbe dovuto tenere al Congresso del Partito Radicale del 4 novembre 1975, testo che fu letto postumo, in quanto Pasolini fu barbaramente ucciso due giorni prima)