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È Eros a muovere il filosofo


Canova, Eros e Psyche

Platone, Simposio, 201d–204c

Adesso ti lascerò un po’ in pace. Ecco il discorso su Eros che ho ascoltato un giorno da una donna di Mantinea, Diotima, molto competente su questo come su tanti altri argomenti. Fu lei che una volta, prima della peste, fece fare agli Ateniesi quei sacrifici che ritardarono di dieci anni l’epidemia. Proprio lei mi ha fatto capire molte cose su Eros.

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L’amore: dono o desiderio? La concezione dell’amore nel pensiero filosofico antico e medioevale


Percorso antologico di filosofia antica e medievale sul tema di “Amore” declinato secondo i tre vocaboli greci “Eros”, “Philia”, “Agapé”, a cura di Anna M. Bianchi – Giorgio Pedrioni (rivisitato da Francesco Dipalo). Già apparso su Comunicazione Filosofica numero 8, febbraio 2001 (https://www.sfi.it/259/comunicazione-filosofica.html).

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Zygmunt Bauman, Amore liquido, Laterza, 2006


Aspettando le Vacanze Filosofiche 2017

Appunti a margine di Francesco Dipalo

Zygmunt Bauman, Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi file in pdf

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Byung-Chul Han, Eros in agonia, Nottetempo, Milano 2013


Aspettando le Vacanze Filosofiche 2017

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Appunti a margine di Francesco Dipalo

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Alain Badiou, Elogio dell’amore, Neri Pozza editore, 2013


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Appunti a margine di Francesco Dipalo

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Breve antologia filosofico-letteraria su amore nel mondo antico


eros e psiche

Esiodo –  daTeogonia (vv. 116-122, 191-206)

Dunque per primo fu Caos, e poi
Gaia dall’ampio petto, sede sicura per sempre di tutti
gli immortali che tengono la vetta nevosa d’Olimpo,
e Tartaro nebbioso nei recessi della terra dalle ampie strade,
poi Eros, il più bello fra gli immortali,
che rompe le membra, e di tutti gli déi e di tutti gli uomini
doma nel petto il cuore e il saggio consiglio. (…)
E dalla spuma del mare una figlia
nacque, e dapprima all’isola di Citera, divina,
giunse, e di lì poi giunse a Cipro molto lambita dai flutti;
lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’erba
sotto gli agili piedi nasceva; lei Afrodite, (…)
chiamano dei e uomini, perché dalla spuma
nacque (…).
La accompagna Eros, e Desiderio bello la segue
da quando, appena nata, andò verso la stirpe degli dei.
Fin dal principio tale onore lei ebbe e sortì,
come destino fra gli uomini e gli dei immortali,
bisbigli di fanciulle e sorrisi e inganni
e il dolce piacere e affetto e blandizie.

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L’imperatore e il cane


L’imperatore Yudhistira e i suoi fratelli Pandava, divenuti vecchi, abbandonano agi e ricchezze per ritirarsi in meditazione nella foresta, in attesa di entrare nella dimora celeste.
Sul sentiero – sempre più impervio – uno dopo l’altro i suoi fratelli si abbandonano ad una morte dolce. Oppresso dal dolore e consapevole della fine imminente, Yudhistira continua la sua ascesa insieme ad un cane che gli è rimasto accanto sin dall’inizio del viaggio.
Quando l’imperatore giunge alla vetta del Kailash – il monte sacro – la porta, dove entrano solo gli eroi, coloro che hanno messo fine alle esistenze terrene, si apre; Indra e tutti gli dei appaiono nella luminosità del mondo ultraterreno.
“Tu che sei stato il più giusto degli uomini”, dice Indra sorridendo, “vieni, entra con me in questa dimensione dove dimenticherai ogni peso delle tue passate esistenze”.
Yudhistira accenna al cane di precederlo, ma il dio lo ferma. “Lascia quel cane…” gli dice, “non può entrare con te. Lascialo qui, non vi è nulla di crudele in questo”.
“Nulla?” obietta Yudhistira. “Dovrei abbandonare qui solo e sperduto questo essere che si è affidato a me?”
“E’ solo un cane” replica il dio, sempre sorridente, “lascialo alla sua vita, quale che sia. Tu sei già al di là di tutto questo”.
“Ma non sono al di là della mia coscienza: il suo abbandono offuscherebbe la serenità che tu mi prometti”.
Nel momento stesso in cui Yudhistira, dopo l’ennesimo rifiuto, si china ad accarezzare il suo ultimo compagno, quasi ad assicurargli che non lo abbandonerà, l’animale si trasforma in luce, ed egli si trova dinanzi suo padre Dharma (Giustizia) che gli dice: “Nessuno potrà mai eguagliarti dopo questa prova, figlio mio. Oggi hai dimostrato agli uomini e agli dei che ogni vita, in quanto tale, è sacra e sacri e indissolubili sono i legami fra tutte le creature viventi, legami di compassione e di aiuto che nessuno deve ignorare o dimenticare mai”
Così l’imperatore e il dio, che si era fatto cane per mettere alla prova le virtù del figlio, entrano insieme nel fulgore dell’immortalità.

Dal Mahabharata

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#‎RingraziaUnDocente‬


#‎RingraziaUnDocente‬
Ringrazio il prof. Antonio Nieddu docente di filosofia – laico – all’istituto Pio IX, scomparso alcuni anni fa, che ebbi la fortuna di avere in primo liceo classico a.s. 1981-1982. Con la lettura partecipata in classe del Simposio di Platone mi contagiò con quell’amore per Sophia che ancora, a trent’anni di distanza, non m’abbandona. Avvedutosi della mia sbandata per Sophia tentò tardivamente di convincermi a non fare il prof. – si fa la fame, mi disse. Ma ormai il “danno” era fatto. I miei studenti di oggi, nel bene e nel male, gli sono anch’essi debitori. Emoticon smile

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Schopenhauer – L’amore è solo il genio della specie


I “nudi” di Bosch

Il mondo si può guardare secondo due diverse chiavi di lettura: la prima quella della rappresentazione (che corrisponde al piano fenomenico kantiano); la seconda quella della volontà (che corrisponde al noumeno). Entrambe si danno contemporaneamente. È solo una questione di prospettiva. Alla percezione del noumeno (che Kant aveva posto al di là delle nostre possibilità conoscitive, quindi solo “pensabile”, non attingibile mediante gli strumenti conoscitivi) giungiamo attraverso l’intuizione immediata della nostra corporeità. Non bisogna far altro che “guardarsi dentro”, prendere atto della propria elementare biologia, delle pulsioni che muovono il nostro agire quotidiano. Esse ci svelano quel che siamo realmente: volontà, un conglomerato di istinti, di desideri. Volontà che vuole se stessa, in eterno. Volontà di vita. Un’unica immensa entità che tutto permea, che tutto è, sotto lo schermo della fenomenicità. Il soggetto conoscente si rappresenta il mondo come composto di molteplici entità: animali, piante, persone, sassi, nuvole, vento, maree … Sotto il velo della rappresentazione – che ci restituisce un mondo frammentato in base al cosiddetto principium individuationis (il principio in base al quale la vita si individualizza in esseri determinati per potersi riprodurre all’infinito) – s’agita tale forza “metafisico-biologica”, priva di qualsivoglia razionalità. Essa non ha alcun altro fine se non la propria perpetuazione. Per questo si serve di individui “sessuati”. Ecco, quel che chiamiamo “amore”, illudendoci (ma anche l’illusione fa necessariamente parte del gioco), è solo l’eterno gioco della riproduzione. È il “genio della specie” che si serve di noi, affinché essa possa sopravvivere agli individui. Li spreme e poi li getta via, come limoni. I nostri desideri sono destinati a rimaner inappagati. Perché il gioco della vita consiste nel doloroso, lancinante tendere del desiderio verso la sua meta, per poi ritrovarsi con lo stringere in mano un pugno di mosche. Ed è subito … sera … Un brivido, uno spasmo, l’orgasmo e poi la tensione si esaurisce. Tutto qui? Ecco, vista sotto quest’ottica la vita è altalena tra dolore (la tensione del desiderio, le inevitabili frustrazioni cui va incontro) e noia (la delusione post coitum o la depressione post partum). Per rendere questa idea, va benissimo anche la metafora del “peccato originale”: questo è il vizio di fondo impresso con marchio di fuoco nella nostra carne, tale è la nostra adamitica eredità. Continua a leggere “Schopenhauer – L’amore è solo il genio della specie”

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Ficino – L’amore è freccia che anela al divino


Riprendendo in chiave cristiana il tema dell’amore platonico (nella versione neoplatonica di Plotino) come fonte di elevazione dell’umano verso il mondo superno, Ficino costruisce questa splendida metafora: i desideri umani sono come saette scagliate verso l’Assoluto, Dio, il quale, essendo causa efficiente e causa finale di questo amoroso movimento, è al contempo bersaglio e saettatore. Amore è desiderio di “indiarsi”, cioè ricongiungersi all’Unità originaria, da molteplice farsi Uno. È dunque anelito infinito, che nella bellezza terrestre ed umana, nel creato tutto, scorge la mera traccia dell’Uno creatore, nel finito la cifra dell’infinito. E in esso vuol perdersi, come goccia d’acqua che anela all’oceano. Amore è perciò dynamis, forza propulsiva. Ma come la freccia abbisogna delle piume affinché l’arciere possa centrare il bersaglio senza che essa devi, così l’amore va “aggiustato” con l’intelligenza. È brama di bellezza, ma è allo stesso tempo attività conoscitiva, intelligenza, intuizione, scoperta. L’esperienza dell’amore è qualcosa di intellegibile, che porta il singolo a comprendere se stesso nell’ordine delle cose e a superarsi perdendosi nello sguardo dell’amato, fondendosi nell’oltre. In ultimo c’è l’esperienza del divino, lo smarrire se stesso diventando il Tutto. Ecco dunque il percorso erotico: 1) conoscenza/amore della bellezza dell’Altro da sé; 2) di sé; 3) del tutt’uno creato; 4) della trascendenza increata. Dalle tenebre alla luce, attraverso l’ombra della luce. Continua a leggere “Ficino – L’amore è freccia che anela al divino”

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Empedocle – L’universo è un cuore che pulsa: sistole (Amicizia), diastole (Contesa)


[rappresentazione di un frattale]

Gli elementi che compongono l’universo – riducibili alle quattro radici (rizòmata) fuoco (Zeus), aria (Era), terra (Edoneo) e acqua (Nesti) – sono governati da due forze primordiali denominate da Empedocle Amicizia (φιλóτας – filòtas) e Contesa (νεῖκος – neìkos). Elementi e forze sono eterne, così come la ciclicità del cosmo. Movimento e cambiamento sono determinati dall’azione combinata delle forze sulle quattro radici. Il ciclo cosmico allora assomiglia ad un cuore che pulsa: ora dilatandosi, quando tra gli elementi prevale Contesa (o Inimicizia); essi allora tendono a separarsi dall’iniziale commistione ritirandosi in gruppi omogenei (fuoco con fuoco, aria con aria, ecc.); ora contraendosi, quando Amicizia (o Eros) impone loro di mescolarsi insieme, il diverso essendo attratto dal diverso, sino a formare il Tutt’uno denominato Sfero. Eterno è il movimento, divine le forze in gioco, intrinseche al Tutto. Vita e morte hanno duplice nome perché si manifestano alternativamente all’annullarsi del molteplice nell’Uno e al disperdersi dell’Uno nel molteplice. Il mondo, così come lo conosciamo, con le famiglie degli esseri viventi, animali, pesci, uccelli, uomini, si forma a mezza strada del ciclo cosmico, tra la sistole e la diastole, quando Amicizia e Contesa sono in equilibrio tra loro. In realtà, tuttavia, nulla si crea, nulla si distrugge, se non le forme provvisorie assunte dalla mescolanza degli elementi primari, i quali, peraltro, godono degli stessi attributi dell’Essere parmenideo.

Tutti i fenomeni obbediscono dunque alla legge dell’amore: filòtas – questo il termine che troviamo nel poema di Empedocle –impregnando ogni cosa, chiama a sé verso l’ipotetico centro della galassia gli elementi, che si stringono in un amplesso radioso (una sorta di Uovo Cosmico). Un amplesso che però si scioglierà, affinché la diversità possa tornare ad essere: questa è la sua figliolanza. Il seme deve morire affinché i molteplici rami della pianta possano arrampicarsi verso il cielo. Ci si divide, per poi ritrovarsi ancora e ancora, per l’eternità. Una visione che fa letteralmente rabbrividire di panica* meraviglia.

*Panico: dal greco pas-pasa-pan “tutto quanto”, “ogni cosa”, indica il senso di gioioso e terribile smarrimento che si prova quando ci si sente, per un attimo almeno, parte del Tutto, smarrendo la propria – apparente – individualità. Tale sensazione è spesso associata all’atto amoroso (si parla di “piccola morte”) o all’estasi mistica. Amore e misticismo sono frutti stupefacenti dello stesso albero. Continua a leggere “Empedocle – L’universo è un cuore che pulsa: sistole (Amicizia), diastole (Contesa)”

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La filosofia non è dottrina, ma attività


Scopo della filosofia è la chiarificazione logica dei pensieri. La filosofia è non una dottrina, ma un’attività. (L. Wittgenstein, Tractatus)

Un’attività impegnativa, senza dubbio. Ma conoscete qualcosa che sia davvero bello senza essere anche impegnativo? Quanto tempo, quanto lavoro, quanta disciplina per ottenere un attimo di quiete e di pulizia mentale in una quotidianità di strepiti esteriori ed interiori?