Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: Il principio di non contraddizione


Il principio più sicuro di tutti è quello intorno al quale è impossibile essere nel falso. Questo principio è necessariamente il più conoscibile, […] e non ipotetico, perché non è una ipotesi il principio che deve necessariamente possedere chi voglia comprendere una qualsiasi delle cose che sono, e quando si vuole arrivare a conoscere qualcosa, è necessario possedere già ciò che si deve necessariamente conoscere per conoscere una cosa qualsiasi. […] È impossibile che la stessa cosa insieme inerisca e non inerisca alla medesima cosa e secondo il medesimo rispetto; e si aggiungano tutte le altre determinazioni che si potranno aggiungere per evitare difficoltà di carattere dialettico. […] Nessuno può ritenere che la medesima cosa sia e non sia, come alcuni credono che dicesse Eraclito.

(Aristotele, Metafisica, a cura di C. A. Viano, Torino, U.T.E.T., 1974, pp. 272-273)

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: Dio come pensiero di pensiero


Risultati immagini per dio pensiero di pensiero

[…] se esso [l’intelletto divino] non pensa nulla, in nulla verrebbe a risiedere la sua dignità ma esso si troverebbe nello stato di un uomo addormentato; se, invece, esso pensa ma pensa qualcosa che sia diversa da sé stesso, allora il suo pensiero viene a dipendere da qualche altra cosa, e in tal caso […] esso non potrà essere la migliore delle sostanze, giacché la sua assoluta superiorità è sua proprietà solo in virtù del pensare. Inoltre, tanto nel caso che la sua sostanza si identifichi con l’Intelletto quanto nel caso che si identifichi col pensiero, qual è l’oggetto del pensiero? […] È chiaro, quindi, che esso pensa la cosa più divina e veneranda, e che non muta mai il suo oggetto […]. Epperò l’Intelletto pensa sé stesso, se è vero che esso è il bene supremo, e il suo pensiero è pensiero di pensiero.

(Aristotele, Metafisica, in Id., Opere, a cura di G. Giannantoni, Bari, Laterza, libro lambda, 9)

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: la scienza dell’essere-in-quanto-essere


Risultati immagini per Aristotele metafisica

C’è una scienza che studia l’essere-in-quanto-essere e le proprietà che gli sono inerenti per la sua stessa natura. Questa scienza non si identifica con nessuna delle cosiddette scienze particolari, giacché nessuna delle altre ha come suo universale oggetto di indagine l’essere-in-quanto-essere, ma ciascuna di esse ritaglia per proprio conto una qualche parte di essere e ne studia gli attributi, come fanno, ad esempio, le scienze matematiche. E poiché noi stiamo cercando i principi e le cause supreme, non v’è dubbio che questi principi e queste cause sono propri di una certa realtà in virtù della sua stessa natura. Se, pertanto, proprio su questi principi avessero spinto la loro indagine quei filosofi che si diedero a ricercare gli elementi delle cose esistenti, allora anche gli elementi di cui essi hanno parlato sarebbero stati propri dell’essere-in-quanto-essere e non dell’essere-per-accidente; ecco perché anche noi dobbiamo riuscire a comprendere quali sono le cause prime dell’essere-in-quanto-essere.
Aristotele, Metafisica E, 1, G, 1, a cura di G. Giannantoni, Roma-Bari, Laterza, 1973.

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: cos’è metafisica?


Foto Cover di Metafisica. Libri A, alfa, B. Testo greco a fronte, Libro di Aristotele, edito da Carocci

«Noi stiamo cercando i princìpi e le cause degli esseri, ma, ovviamente, degli esseri-in-quanto-esseri. C’è, infatti, una certa causa della salute e del benessere fisico, e ci sono anche princìpi ed elementi e cause degli enti matematici, e, in generale, ogni scienza discorsiva o partecipe di una certa dose di pensiero discorsivo si occupa di cause e di princìpi più o meno esatti. Però tutte queste scienze, concentrandosi su un essere determinato e su un determinato genere, si occupano di esso, ma non dell’essere in senso assoluto né in quanto essere, né danno alcuna spiegazione dell’essenza, ma, partendo già da essa – alcune considerando l’essenza come evidente alla sensazione, altre assumendola come postulato – dimostrano in modo più o meno inconfutabile le proprietà essenziali di quel genere di cose di cui esse si occupano; e appunto perciò è evidente che, da un tale criterio di indagine, non scaturisce alcuna dimostrazione della sostanza o dell’essenza, ma un altro modo di darne indicazione.

Continua a leggere “Aristotele: cos’è metafisica?”

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: la conoscenza è fine a se stessa


Risultati immagini per Aristotele: la conoscenza è fine a se stessa

[Platone e Aristotele, particolare della formella del Campanile di Giotto di Luca della Robbia, 1437-1439, Firenze]

Aristotele, Protreptico, B44
Non dobbiamo perciò preoccuparci se la filosofia non si dimostra utile o vantaggiosa perché non affermiamo innanzi tutto che sia vantaggiosa, ma piuttosto che è buona, e che la si debba scegliere non per qualcos’altro, ma per se stessa.

Continua a leggere “Aristotele: la conoscenza è fine a se stessa”

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Aristotele: scopo dell’umano è il conoscere


Risultati immagini per aristotele conoscenza

Aristotele, Protreptico, B16-B24
Ora gli esseri viventi appartengono, o tutti in generale o almeno i migliori e più nobili, a ciò che è generato dalla natura e in accordo con essa; e non significa nulla se qualcuno invece asserisce che la maggior parte degli animali sarebbe generata contro natura, cioè per far male e provocare danno. Il più nobile degli animali esistenti sulla terra è l’uomo, sicché risulta chiaro che l’uomo è generato per natura e conformemente a natura.

Continua a leggere “Aristotele: scopo dell’umano è il conoscere”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

Popper contro Platone


« La lezione che noi dovremmo apprendere da Platone è esattamente l’opposto di quello che egli vorrebbe insegnarci…lo sviluppo stesso di Platone dimostra che la terapia che raccomandava è peggiore del male che tentava di combattere. Arrestare il cambiamento politico non costituisce un rimedio e non può portare la felicità. Noi non possiamo mai più tornare alla presunta ingenuità e bellezza della società chiusa. Il nostro sogno del cielo non può essere realizzato sulla terra… »
(Karl Raimund Popper, La società aperta e i suoi nemici)

Pubblicato in: didattica, filosofia nel giardino

Fedone: conoscere è ricordare


XIX. – Ora, da tutti questi esempi non risulta che la reminiscenza avviene in due modi, per via di somiglianza e per via di dissomiglianza? – Sì. – Bene: ma quando uno si ricorda di qualche cosa per via di somiglianza, non gli viene fatto necessariamente anche questo, di pensare se la cosa che ha destato il ricordo sia o no, quanto alla somiglianza, in qualche parte manchevole rispetto a quella di cui destò il ricordo? – Necessariamente, disse. – Continua a leggere “Fedone: conoscere è ricordare”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

Fedone: curarsi dell’anima


IX. Tutti coloro i quali per diritto modo si occupano di filosofia corrono il rischio che resti celato altrui il loro proprio intendimento; il quale è che di niente altro in realtà essi si curano se non di morire e di essere morti. Ora, se questo è vero, sarebbe certamente strano che uno per tutta la vita non avesse l’animo ad altro che alla morte, e poi, quando la morte, com’è naturale, arriva, – che è ciò appunto a cui da tanto tempo aveva posto l’anima e lo studio, – allora se ne rammaricasse. E Simmia, ridendo: [b] – Per Zeus, disse, o Socrate, tu mi hai fatto ridere che proprio non ne avevo nessuna voglia! Continua a leggere “Fedone: curarsi dell’anima”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

È difficile restare onesti nella politica


PLATONE –LETTERA VII
Quando ero giovane, io ebbi un’esperienza simile a quella di molti altri: pensavo di dedicarmi alla vita politica, non appena fossi divenuto padrone di me stesso. Or mi avvenne che questo capitasse allora alla città: il governo, attaccato da molti, passò in altre mani, e cinquantun cittadini divennero i reggitori dello stato. Undici furono posti a capo del centro urbano, dieci a capo del Pireo, tutti con l’incarico di sovraintendere al mercato e di occuparsi dell’amministrazione, e, sopra costoro, trenta magistrati con pieni poteri. Tra costoro erano alcuni miei familiari e conoscenti, che subito mi invitarono a prender parte alla vita pubblica, come ad attività degna di me.
Io credevo veramente (e non c’è niente di strano, giovane come ero) che avrebbero purificata la città dall’ingiustizia traendola a un viver giusto, e perciò stavo ad osservare attentamente che cosa avrebbero fatto.
M’accorsi così che in poco tempo fecero apparire oro il governo precedente: tra l’altro, un giorno mandarono, insieme con alcuni altri, Socrate, un mio amico più vecchio di me, un uomo ch’io non esito a dire il più giusto del suo tempo, ad arrestare un cittadino per farlo morire, cercando in questo modo di farlo loro complice, volesse o no; ma egli non obbedì, preferendo correre qualunque rischio che farsi complice di empi misfatti. Io allora, vedendo tutto questo, e ancor altri simili gravi misfatti, fui preso da sdegno e mi ritrassi dai mali di quel tempo.
Poco dopo cadde il governo dei Trenta e fu abbattuto quel regime. E di nuovo mi prese, sia pure meno intenso, il desiderio di dedicarmi alla vita politica. Anche allora, in quello sconvolgimento, accaddero molte cose da affliggersene, com’è naturale, ma non c’è da meravigliarsi che in una rivoluzione le vendette fossero maggiori.
Tuttavia bisogna riconoscere che gli uomini allora ritornati furono pieni di moderazione. Se non che accadde poi che alcuni potenti intentarono un processo a quel mio amico, a Socrate, accusandolo di un delitto nefandissimo, il più alieno dall’animo suo: lo accusarono di empietà, e fu condannato, e lo uccisero, lui che non aveva voluto partecipare all’empio arresto di un amico degli esuli d’allora, quando essi pativano fuori della patria.
Vedendo questo, e osservando gli uomini che allora si dedicavano alla vita politica, e le leggi e i costumi, quanto più li esaminavo ed avanzavo nell’età, tanto più mi sembrava che fosse difficile partecipare all’amministrazione dello Stato, restando onesto. Non era possibile far nulla senza amici e compagni fidati, e d’altra parte era difficile trovarne tra i cittadini di quel tempo, perché i costumi e gli usi dei nostri padri erano scomparsi dalla città, e impossibile era anche trovarne di nuovi con facilità. Le leggi e i costumi si corrompevano e si dissolvevano straordinariamente, sicché io, che una volta desideravo moltissimo di partecipare alla vita pubblica, osservando queste cose e vedendo che tutto era completamente sconvolto, finii per sbigottirmene. Continuavo, sì, ad osservare se ci potesse essere un miglioramento, e soprattutto se potesse migliorare il governo dello stato, ma, per agire, aspettavo sempre il momento opportuno, finché alla fine m’accorsi che tutte le città erano mal governate, perché le loro leggi non potevano essere sanate senza una meravigliosa preparazione congiunta con una buona fortuna, e fui costretto a dire che solo la retta filosofia rende possibile di vedere la giustizia negli affari pubblici e in quelli privati, e a lodare solo essa. Vidi dunque che mai sarebbero cessate le sciagure delle generazioni umane, se prima al potere politico non fossero pervenuti uomini veramente e schiettamente filosofi, o i capi politici delle città non fossero divenuti, per qualche sorte divina, veri filosofi. (Platone, Lettera VII, 324b-326b)

Pubblicato in: filosofia, filosofia nel giardino

Gorgia da Lentini


Encomio di Elena

Ornamento per una città è il valore degli eroi; per un corpo la bellezza, per un’anima la sapienza, per un’azione l’eccellenza, per un discorso la verità: ciò che è opposto a questo è disordine. Un uomo, una donna, un discorso, un’azione, una città, una cosa degna di lode devono essere lodati; mentre deve essere biasimato ciò che è indegno. Uguale errore e incapacità è biasimare ciò che deve essere lodato e lodare ciò che deve essere biasimato. E’ dovere della stessa persona dire rettamente quel che deve e confutare ciò che non è detto giustamente; bisogna quindi confutare coloro che rimproverano Elena, donna intorno alla quale consona e concorde è stata la testimonianza dei poeti che hanno udito e la fama del nome, che è diventato ricordo di sciagura. Ma io voglio dare un’argomentazione al mio discorso e far cessare le accuse rivolte a lei, che gode sì cattiva fama; mettendo in luce la falsità di chi la rimprovera e mostrando il vero, voglio por fine alla ignoranza. Continua a leggere “Gorgia da Lentini”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

Protagora di Abdera


Frammenti

Fr. 80 B 4 DK (Eusebio, Praeparatio evangelica, XIV 3, 7; Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, IX, 51)

1 Protagora, divenuto seguace di Democrito, si acquistò fama di ateo; si dice infatti che abbia cominciato il libro Degli dèi con questa introduzione:

2 Riguardo agli dèi, non so né che sono, né che non sono, né di che natura sono.

3 Riguardo agli dèi, non ho la possibilità di accertare né che sono, né che non sono, opponendosi a ciò molte cose: l’oscurità dell’argomento e la brevità della vita umana. Continua a leggere “Protagora di Abdera”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

I Pluralisti


Empedocle di Agrigento

A vicenda predominano nel ciclo ricorrente
periscono l’uno nell’altro e si accrescono nella vicenda del loro destino.
Questi soli, appunto, sono gli elementi, ma , precipitando l’uno nell’altro,
nascono gli uomini e le altri stirpi di fiere,
una volta riuniti a opera dell’Amicizia in un solo cosmo,
una volta separati ciascuno per sé a opera dell’odio della Contesa.
(DK 31B26, 1-6)

Ma un’altra cosa ti dirò: non vi è nascita di nessuna delle cose
mortali, né fine alcuna di morte funesta,
ma c’è solo mescolanza e separazione di cose mescolate,
ma il nome di nascita, per queste cose, è usato dagli uomini.
(DK 31B8) Continua a leggere “I Pluralisti”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

PARMENIDE, SULLA NATURA


[fonte: http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaP/PARMENIDE_%20SULLA%20NATURA.htm]
Del poema di Parmenide Sulla natura possediamo circa 150 versi, che costituiscono uno dei testi piú importanti della storia della filosofia, e anche uno dei piú difficili da interpretare. I versi che ci sono pervenuti sono il frutto di una molteplicità di frammenti, uniti da un paziente e delicato lavoro di ricomposizione. Essi ci offrono un’idea abbastanza precisa della parte iniziale e centrale dell’opera. Si tratta di un “viaggio” verso la sapienza compiuto dal filosofo, il prescelto dagli dèi. Secondo l’interpretazione tradizionale, che sembra coincidere con l’interpretazione data dagli stessi discepoli di Parmenide, nel poema sono indicate due vie, fra loro opposte: quella della Verità e quella dell’opinione. Secondo le ultime interpretazioni invece si tratterebbe di tre vie, come riferisce G. Reale: “La prima via è quella della Verità, la seconda è quella dell’opinione errata dei mortali, la terza sarebbe […] la via che cerca di riguadagnare i fenomeni nell’ottica dell’Essere”, cioè che cerca di restituire al divenire una forma di realtà
Continua a leggere “PARMENIDE, SULLA NATURA”

Pubblicato in: filosofia nel giardino

Senofane di Colofone: i frammenti


Quarto incontro

Senofane – frammenti

Fr. 1
Ora il pavimento è pulito e pure sono le mani di tutti e i calici: qualcuno ci mette intorno al capo ghirlande intrecciate, mentre un altro ci porge in una coppa il profumo odoroso e c’è il cratere pieno di gioia ed altro vino è pronto, che promette di non mancar mai, dolce come miele nei vasi e odoroso di fiori. In mezzo a noi l’incenso esala il suo sacro profumo e c’è acqua fresca e dolce e pura; ci sono biondi pani e la tavola sontuosa si piega sotto il peso del formaggio e del denso miele. Nel mezzo l’altare è tutto ornato di fiori e il canto e il piacere della festa riempion la casa. Conviene anzitutto ad uomini assennati cantar le lodi del dio con pii racconti e con parole pure. Dopo aver libato e implorato la forza di agir giustamente – che questo è ciò che più importa – non è eccesso bere tanto che si possa giungere a casa senza l’aiuto del servo, se non si è troppo vecchi. Ma quegli à da lodare che nel vino rivela nobiltà di pensiero così come la memoria e il suo canto s’ispirano alla virtù non per cantare le lotte dei Titani o dei Giganti o dei Centauri – favole dei primordi – e neppure le veementi lotte di parte, tutti argomenti vani; ma rispettar sempre gli dèi e la vera virtù. Continua a leggere “Senofane di Colofone: i frammenti”