Lettura e commento da “L’esistenzialismo è un umanismo”
Per i testi si veda: https://francescodipalo.wordpress.com/2023/03/05/figure-dellesistenzialismo-novecentesco-antologia-di-testi/
Lettura e commento da “L’esistenzialismo è un umanismo”
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Come ci si pone dinanzi allo scacco del dover morire?
Albert Camus: Come affrontare la “peste”
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«La filosofia non potrà produrre nessuna immediata modificazione dello stato attuale del mondo. E questo non vale soltanto per la filosofia ma anche per tutto ciò che è mera intrapresa umana. Ormai solo un Dio ci può salvare. Ci resta, come unica possibilità, quella di preparare nel pensare e nel poetare una disponibilità all’apparizione del Dio o all’assenza del dio nel tramonto». (fine della filosofia)
«Provenendo noi da una posizione rispetto all’ente determinata dalla «metafisica», solo difficilmente e lentamente possiamo conoscere ciò che è altro, ossia che il Dio non appare più in un’«esperienza vissuta», sia essa «personale» o «di massa», bensì unicamente nello «spazio» abissale dell’Essere stesso. Tutti i «culti» e le «chiese» invalsi finora, e cose del genere, non potranno essere l’essenziale preparazione dell’incontro dell’uomo e del Dio nel centro dell’Essere.»
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Il problema del senso dell’essere deve esser posto. Se esso sia un problema fondamentale o il problema fondamentale, è una questione che richiede di esser chiarita in modo adeguato. […] Nel problema dell’essere che stiamo per elaborare, il cercato è l’essere, ciò che determina l’ente in quanto ente, ciò rispetto a cui l’ente, comunque sia discusso, è già sempre compreso. L’essere dell’ente non “è” esso stesso un ente. Il primo passo filosofico verso la comprensione del problema dell’essere consiste nel non mythén tina dieghéisthai, nel non “raccontare storie”, cioè nel non pretendere di determinare l’ente in quanto ente facendolo derivare da un altro ente, come se l’essere avesse il carattere di un ente possibile. In quanto cercato, l’essere richiede pertanto un suo particolare modo di esibizione, distinto in linea essenziale dallo scoprimento dell’ente. Di conseguenza, anche il ricercato, il senso dell’essere, richiederà un apparato concettuale suo proprio, che, di nuovo, si contrapporrà in linea essenziale ai concetti in cui l’ente ottiene la determinazione del proprio significato. Se l’essere costituisce il cercato, e se essere significa essere dell’ente, ne viene che, nel problema dell’essere, l’interrogato è l’ente stesso. L’ente, per così dire, verrà inquisito a proposito del proprio essere. Ma perché l’ente mostri senza falsificazione i caratteri del proprio essere, bisognerà che, da parte sua, risulti in primo luogo accessibile così com’è in se stesso. Il problema dell’essere richiede, per quanto concerne il suo interrogato, il raggiungimento e la garanzia preliminari della giusta via d’accesso all’ente. Ma noi diamo il nome di “ente” a molte cose e in senso diverso. Ente è tutto ciò di cui parliamo, ciò a cui pensiamo, ciò nei cui riguardi ci comportiamo in un modo o nell’altro; ente è anche ciò che noi siamo e come noi siamo. L’essere si trova nel che-è dell’esser così, nella realtà, nella semplice-presenza, nella sussistenza, nella validità, nell’Esserci, nel “c’è”. In quale ente si dovrà cogliere il senso dell’essere? Da quale ente prenderà le mosse l’aprimento dell’essere? Il punto di partenza è indifferente o un determinato ente possiede un primato per quanto concerne l’elaborazione del problema dell’essere? Qual è questo ente esemplare e in che senso possiede un primato? Se il problema dell’essere deve esser posto esplicitamente e portato a soluzione nella piena trasparenza di se stesso, l’elaborazione di questo problema richiederà, in conseguenza delle delucidazioni da noi date, l’esplicazione del modo in cui si può volger lo sguardo all’essere, realizzarne la comprensione e afferrarne concettualmente il senso; e richiederà la preparazione della possibilità della scelta corretta dell’ente esemplare, nonché l’elaborazione della giusta via di accesso a questo ente. Ma volger lo sguardo, comprendere, afferrare concettualmente, scegliere, accedere a, sono comportamenti costitutivi del cercare e perciò parimenti modi di essere di un determinato ente, di quell’ente che noi stessi, i cercanti, sempre siamo. Elaborazione del problema dell’essere significa dunque: render trasparente un ente — il cercante — nel suo essere. La posizione di questo problema, in quanto modo di essere di un ente, è anche determinata in linea essenziale da ciò a proposito di cui esso si cerca: dall’essere. Questo ente, che noi stessi sempre siamo, e che, fra l’altro, ha quella possibilità d’essere che consiste nel porre il problema, lo designiamo col termine Esserci [Dasein]. La posizione esplicita e trasparente del problema del senso dell’essere richiede l’adeguata esposizione preliminare di un ente (l’Esserci) nei riguardi del suo essere.
(M. Heidegger, Essere e tempo, trad. it. di P. Chiodi, Utet, Torino 1978, pp. 56-60)
Continua a leggere “Figure dell’esistenzialismo novecentesco – Antologia di testi”Per i testi si veda: https://francescodipalo.wordpress.com/2019/02/07/nietzsche-attraverso-la-lettura-dei-testi/
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Per i testi si veda: https://francescodipalo.wordpress.com/2023/02/07/lospite-inquietante-heidegger-su-nietzsche/
Un paio di passi heideggeriani per avviare una riflessione in classe.
[Il nichilismo] Nietzsche lo chiama «il più inquietante» (unheimlich) perché, come incodizionata volontà di volontà, ciò che esso vuole è la spaesatezza (Heimatlosigkeit) come tale. Per questo non serve a niente metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è scorgerlo e guardarlo bene in faccia.
L’essenza del nichilismo, che da ultimo si compie nel dominio della volontà di volontà, sta nella dimenticanza dell’essere. A questa dimenticanza sembra che corrispondiamo al meglio quando la dimentichiamo, cioè quando la buttiamo al vento. Così facendo, non prestiamo attenzione a che cosa significa dimenticanza in quanto velatezza dell’essere. Se invece prestiamo attenzione a ciò, allora esperiamo questa sconcertante necessità: invece di volere oltrepassare il nichilismo, dobbiamo prima raccoglierci nella sua essenza. Questo raccoglimento (Einkehr) nella sua essenza è il primo passo mediante il quale lasciamo il nichilismo alle nostre spalle. (Martin Heidegger, Su «la linea», pp. 161-162)
“Il potere statale moderno non è che un comitato, che gestisce gli affari comuni della classe borghese nel suo insieme” (Marx-Engels, Il manifesto del partito comunista).
A più di centosettanta anni di distanza l’affermazione dei nostri rimane di grande attualità. Per adeguarla agli aventi degli ultimi trent’anni (parliamo di paesi europei e di Italia in particolare) propongo alcune lievi modifiche del testo:
“Il potere statale moderno non è che un sotto-comitato, che gestisce a livello locale gli affari comuni delle ristrette consorterie neoliberali transnazionali nel suo insieme”.
A parte alcune questioni marginali e localistiche, la funzione dei sotto-comitati è di dare esecuzione alle direttive delle suddette consorterie transnazionali, la cui proteica ubiquità è accentuata dalla loro natura essenzialmente capitalistico-finanziaria. Esse creano, dispensano e trattano la più metafisica delle merci: il denaro. I sotto-comitati sono essenzialmente costituiti da “tecnici” ovvero esecutive-manager.
Loro compito precipuo è massimizzare i profitti degli azionisti transnazionali a scapito delle plebi (le “borghesie” locali, i nuovi poveri, nonché l’immenso, miserabile sottoproletariato transfrontaliero continuamente rimpolpato da guerre, crisi economiche artefatte, desertificazione, ecc.) attraverso la progressiva privatizzazione dei beni e dei servizi pubblici, congiuntamente all'”individualizzazione” e alla “virtualizzazione” degli aspetti più salienti della vita quotidiana.
Alla colonizzazione delle menti provvede l’ufficio marketing della sotto-commissione (media mainstream, opinion leaders, opinion makers) che rielabora e riadatta i format e gli story-telling della narrazione globale.
Lo storytelling più diffuso prevede l’esercizio formale della “(post)democrazia” (Crouch), la quale consiste nello show rituale delle cosiddette “libere elezioni”, che legittimeranno l’esercizio delle funzioni residuali da parte delle sotto-sotto-commissioni. Resta inteso che le cariche da cui dipendono le funzioni fondamentali dell’esercizio del potere, a scanso di equivoci, non sono sottoposte alla finzione rituale delle “libere elezioni”.
Gli esecutive-manager e i membri dei consigli di amministrazione locale vengono nominati in base a criteri “neo-feudali” (di cui la fedeltà al sistema dominante rappresenta la condicio sine qua non).